Fine

Non ricordo di preciso quando fu, ma indicativamente era la primavera del 2011 quando nacque il pensiero.

Altre volte mi aveva sfiorato, ma in qualche modo l’avevo sempre considerato assurdo. Io? Impossibile, dai.

Poi in quel periodo si ripresentò. Qualche racconto era già nato più volte, avevo sceneggiato qualche striscia comica, scrivevo regolarmente sul blog. Scrivere era diventata una seconda natura. Sarei stato in grado di fare di più?

In realtà il pensiero nacque ascoltando una canzone che non ho neanche mai amato particolarmente, eppure le parole e le immagini che mi faceva venire in mente diventavano una bozza di storia. La domanda era: sarei stato in grado di creare, quella storia?

Per i flash che passavano in testa non poteva essere un racconto, non funzionava come racconto, ma che ne sapevo io di come si scrivono i romanzi? E quando, in vita mia, ero stato tanto concentrato su qualcosa di così impegnativo da portarlo definitivamente a termine?

Era una sfida e per una volta decisi di sfidarmi sul serio. Iniziai a scriverlo. In sordina, inizialmente. Pochi lo sapevano e anche qui, sul blog, non lo dissi esplicitamente se non parecchio tempo dopo. In un paese dove troppi scrivono ero in imbarazzo di aggiungermi alla folla.

Da allora è cambiato quasi tutto, nella mia vita e nella storia. L’idea originale è diventata quasi solo un vago spunto, personaggi che non dovevano esserci sono diventati fondamentali, trame che neanche avevo immaginato hanno preso forma per i fatti loro.

Nel frattempo qualcuno leggeva ciò che avevo scritto. C’erano correzioni, ovviamente, ma anche più reazioni positive di quanto avrei immaginato. Forse davvero stavo facendo qualcosa di decente. Forse.

Poi i ritmi sono rallentati. Ci sono stati anni interi in cui la vita mi ha impedito di lavorarci, periodi in cui mi ritenevo fortunato nello scrivere una pagina nel corso di un mese. Non vedevo la fine. Non sapevo quando sarebbe arrivata. Non sapeva se sarebbe arrivata.

Finché, quest’estate, la lettura di On Writing ha dato il colpo di grazia. Ho ricominciato a metterci mano, capendo perché ero bloccato. Risolvendo. Procedendo. Dandomi ritmi, obiettivi, nuove visuali. Finché a fine novembre la sfida ulteriore: terminare la prima stesura entro il sei gennaio. Difficile. Non impossibile, ma difficile.

E ora, 3 gennaio 2019, ci sono riuscito.

La quarta parte, la più lunga, quella finale è terminata. Non in via definitiva, ovviamente. Solo la prima stesura e ora ci saranno settimane se non mesi di editing ad attendermi. Ma la storia è conclusa. È lì fuori. Non è più in me, non c’è più nulla che va raccontato di quei personaggi in quel momento delle loro vite.

Mi chiedono se sono entusiasta, contento, se sto festeggiando. Al momento sto ancora rendendomene conto. Sto ancora comprendendo che un pensiero che mi ha accompagnato per quasi otto anni, costantemente, anche quando non ci lavoravo, ha ora raggiunto il primo traguardo più importante.

L’unica sensazione immediata è di un lieve vuoto: quella storia occupava spazio in me e ora non c’è più. È nero su bianco. È quasi pronta perché la conoscano altri.

Ora, lo dicevo, ci saranno mesi di editing. E, ovviamente, il sogno lontano che ci sia un editore tanto folle da essere interessato a un romanzo sufficientemente lungo da poter essere una trilogia.

Ma non importa. Perché ho vinto la sfida e lo scrivo qui perché va celebrato. Dopo otto anni ho scritto la parola fine. Ed è forse uno dei migliori inizi d’anno che potessi chiedere.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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